Carlo Tavecchio si è dimesso. Alle ore 12:38 di stamani il presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio ha rassegnato al Consiglio Federale le proprie dimissioni, chiedendo al tempo stesso il passo indietro di tutti i consiglieri.

Una decisione maturata dopo l’assedio portato avanti dai vertici dello sport italiano, dall’Associazione Calciatori e, nel suo ultimo atto, anche da quella Lega Dilettanti che della presidenza Tavecchio era sempre stata la colonna portante.

E così il numero 1 del calcio italiano, dopo un’iniziale controffensiva (rilancio dei grandi progetti di riforma e Carlo Ancelotti nuovo ct), non ha avuto altra scelta se non la resa: molte le critiche, pochi gli alleati, nessun asso nella manica rimasto da giocare.

MOLTE OMBRE, MOLTE LUCI Cosa si lascia alle spalle Carlo Tavecchio? Alcune grandi iniziative: il tetto numerico alle rose delle squadre professionistiche ed il numero minimo di giocatori italiani e giovani provenienti dai vivai da una parte; le misure di adeguamento alle norme europee del Fair Play Finanziario per le nostre squadre e la creazione dei Centri Federali Territoriali dall’altra.

Ma anche una serie di figuracce mediatiche e scivoloni comunicativi che ne hanno minato l’autorevolezza sin dal suo esordio in Figc. Il progetto di riduzione della Serie A a 18 squadre rimasto praticamente inattuato. Fino ad arrivare al fallimento tecnico totale del calcio nostrano, coinciso con l’esclusione della Nazionale dai Mondiali di Russia 2018: una débacle assoluta, un peso troppo grande da poter porre sulle sole spalle del commissario tecnico Gian Piero Ventura.

L’ELEZIONE E LA SORPRESA CONTE Quando, l’11 agosto 2014, l’allora -e tuttora- presidente della Lega Nazionale Dilettanti raccoglie la pesante eredità del dimissionario Giancarlo Abete battendo lo sfidante Demetrio Albertini, si presenta come protagonista del rinnovamento tanto chiesto da tutto il mondo calcistico azzurro, depresso dalla pessima figura del mondiale brasiliano 2014 (fuori ai gironi contro Uruguay, Costa Rica e Inghilterra).

Il primo atto della sua gestione è roboante: Antonio Conte, sergente di ferro e assoluto protagonista della rinascita della Juventus, diventa il nuovo commissario tecnico della Nazionale. L’ex tecnico juventino è scelto e fortemente sponsorizzato da Tavecchio, che pone il suo sigillo su una decisione che nel tempo si rivelerà azzeccata: due anni dopo, solo la lotteria dei rigori costringerà l’Italia alla resa contro la Germania, ai quarti di finale del campionato Europeo 2016.

OPTI POBÀ E I SUOI FRATELLI Nonostante questo, il punto debole del presidente è uno, ed evidente: la comunicazione. Aspetto da non prendere sotto gamba, specialmente nell’era di internet e dei social network.

Ed è così che, sin da subito, arrivano le infelici dichiarazioni sulla questione extracomunitari in Serie A (“Noi diciamo che Optì Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane, e adesso gioca titolare nella Lazio“), sul confronto uomo-donna nello sport (“Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sull’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili“), sull’omosessualità (“Ma è vero che è omosessuale? -riferendosi ad un ex dirigente Figc- Io non ho nulla contro, però teneteli lontani da me. Io sono normalissimo“).

La poca lucidità davanti ai microfoni, insieme ad una sostanziale incapacità della sua presidenza di mettere in moto la grande macchina delle riforme strutturali, ha inciso profonde ferite sulla sua autorità presidenziale. Gli avversari sono aumentati, gli alleati diminuiti, sempre di più.

TAVECCHIO, ULTIMO ATTO Oggi, alle ore 12:38, Carlo Tavecchio si è dimesso, ma ha voluto lasciare la carica a modo suo: con una conferenza stampa esplosiva.

Toni accesi, difesa della sua gestione e delle sue scelte, attacchi ai detrattori. Un fiume in piena, che però, sotto la dura scorza dell’attacco mediatico, non è riuscito a nascondere l’amara verità.

Carlo Tavecchio, oggi più che mai, si è sentito solo contro tutti.